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domenica 20 settembre 2009

ignoranti


Uno sguardo ai risultati dei test di ammissione alle facoltà universitarie suscita - o almeno dovrebbe suscitare - un certo allarme. A quanto pare, le nuove matricole (al pari di quelle vecchie - ndn) non conoscono la geografia, la letteratura, la storia, non sono molto preparati in matematica e nelle scienze, hanno pochissima confidenza con le lingue, ignorano l'esistenza o la funzione di istituzioni fondamentali della nostra società... ma quel che è più grave, è che hanno serissimi problemi a comprendere i testi: conoscono pochissime parole, faticano a seguire periodi un po' più lunghi o articolati del solito, colgono solo gli elementi superficiali del discorso. E' facile immaginare quali possono essere i livelli nella scrittura.
Si può discutere sull'opportunità del numero chiuso e sulla reale efficacia dei test per la selezione dei candidati, ma la questione che si pone qui è delle più serie: "Se le matricole oggi non sanno dov'è il Mar Nero, pazienza - dice la preside di Lettere dell'ateneo fiorentino, Franca Pecchioli - glielo insegneremo strada facendo. Ma se non sono in grado di seguire quando parla un docente durante una lezione, allora è più grave".
Ciò che è grave è che la scuola italiana non garantisce a chi la frequenta di acquisire le minime competenze di cittadinanza: si badi, non solo per diventare medico, o ingegnere, o avvocato, bensì, soprattutto, ciò che serve a qualunque cittadino che voglia leggere un giornale, un libretto di istruzioni, una legge, un verbale, un contratto, una comunicazione o qualsiasi altra cosa.
Naturalmente è facile riconoscere le responsabilità di docenti e dirigenti, e spesso a ragione, e sarà facile utilizzare questi argomenti per giustificare ulteriori tagli (comunque indiscriminati) alla scuola pubblica. Ma la situazione richiede un'analisi più articolata. Crediamo.
Per esempio, anche senza scomodare vecchie storie di grandi vecchi e giovani grembiulini col compasso, se si prova a collegare per un attimo questi dati sulla preparazione delle matricole alle politiche dei governi degli ultimi decenni in tema di educazione e scuola (tagli, riforme guazzabuglio, sterili discussioni su crocifissi e ombelichi scoperti, precariato cronico, esami di dialetto...); se si prova poi ad inserire questo rapporto all'interno di un quadro culturale generale, in cui la televisione rappresenta la principale fonte di informazione e intrattenimento della popolazione e se si tiene conto inoltre della qualità della nostra televisione... chi si potrà ancora stupire dei risultati dei test?
Garantire il diritto all'istruzione, cioè alla capacità di usare le parole e quindi di capire - o almeno di provare a capire - quel che ci succede intorno, è la condizione essenziale per il realizzarsi di tutte quelle belle parole come democrazia e libertà con le quali questa gente ci chiede di votarli.
E tuttavia la situazione appare radicalmente rovesciata: solo in quanto non ci assicurano questo diritto fondamentale, possono essere sicuri che continueremo a votarli. Geniale!



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